Clamoroso off topic per raccontare quello che è diventato negli ultimi tempi una delle icone del turismo naturalistico di massa. Un’escursione molto panoramica che partendo da Passo Tre Croci porta al lago di Sorapiss, gioiello delle Dolomiti.
Lunghezza | 11,3km A&R |
Durata | 5h e 20mn |
Difficoltà | Medio |
Lasciamo la macchina a Passo Tre Croci. Qui infatti parte il sentiero CAI 215 che ci porterà fino al Lago di Sorapiss. Non c’è molto spazio per parcheggiare nonostante sia bassa stagione. Un’occhiata veloce al pannello turistico e partiamo.
Camminiamo da dieci minuti e già un primo bivio. Scendiamo mantenendo la sinistra; a destra non porta da nessuna parte.
Altri dieci minuti di cammino e una grande frana irrompe sul sentiero; la segnaletica però non lascia dubbi e riprendiamo il 215 al di là del tratto franato.
Il trekking continua piacevolmente nel bosco, dove incontriamo delle cascatelle. Poco dopo la strada si biforca ma la segnaletica è precisa: a sinistra Valbona, a destra il rifugio Vandelli e Sorapiss.
Il paesaggio si fa sempre più panoramico ed esposto fino a quando una mezz’ora di cammino dopo inizia il primo dei tre-quattro tratti ferrati. Nonostante il turismo di massa che sta coinvolgendo il Lago di Sorapiss, ci teniamo a dire che il percorso per arrivarci non è adatto a tutti. Sono necessari un buon allenamento, delle scarpe da trekking e non soffrire di vertigini.
Particolare attenzione meritano gli scalini di ferro che per quanto solidi diventano scivolosi nei giorni di pioggia o di neve (come i nostri). La vista di cui si gode in questo tratto è indescrivibile. Ci si sente davvero piccoli di fronte alla maestosa eleganza delle Dolomiti.
La recente nevicata rende il sentiero parecchio melmoso al nostro passaggio. A rendere ulteriormente difficoltoso il passaggio si aggiungono le radici degli alberi che si intrecciano sul percorso. Con un po’ di attenzione arriviamo così a una parete di roccia: oltrepassata troviamo le indicazioni per il Lago e manteniamo la sinistra. A destra proseguono il 223 e il 216.
Ormai arrivati, la segnaletica indica di tenere la destra per il Lago di Sorapiss e la sinistra per il rifugio Vandelli (non è il 217 che va a Valbona!) che raggiungiamo in un minuto scarso. Dato il termine della stagione estiva, al nostro arrivo il rifugio è purtroppo chiuso ma riusciamo comunque a timbrare il nostro Passaporto delle Dolomiti.
Torniamo indietro fino al bivio e stavolta seguiamo le indicazioni per il lago. Pochi passi e il turchese delle acque del lago di Sorapiss lascia tutti a bocca aperta: mai visto niente di simile. Parte del lago è ghiacciata in superficie (ed è solo fine settembre!). Le montagne avvolgono il lago per gran parte del suo perimetro e sembrano custodirlo. Fra queste spicca il “Dito di Dio“, la guglia più alta e caratteristica. Infine, la neve caduta i giorni precedenti conferisce a tutto il paesaggio un aspetto fiabesco.
In sintesi
- 2h da Passo Tre Croci al Lago di Sorapiss (sentiero CAI 215)
- Difficoltà livello medio
- Essenziali le scarpe da trekking
- Sconsigliato a chi soffre di vertigini (tratti di ferrata)
- Sconsigliato il week end per l’altissima affluenza di turisti
- Nessun punto acqua durante il percorso
- Chiamare il rifugio Vandelli per verificarne l’apertura
Abbiamo provato il percorso il 29 settembre 2020. FinRa presenti: Leprotto Generoso, Ermellino Cortese, Fenicottero Sensibile. Con la partecipazione di: Irene. Articolo di: Ermellino Cortese. Foto di: Leprotto Generoso, Irene.
Attenzione: pippone sulla Valmarecchia in arrivo!
Siamo stati molto indecisi se pubblicare sul nostro blog, che si propone di valorizzare la nostra valle attraverso la semplice attività del camminare, un articolo su un percorso conosciutissimo e ben al di fuori dalla Valmarecchia. A che pro? Proveremo a spiegarlo. Appassionati di montagna, abbiamo organizzato le nostre vacanze in zona San Candido. Solo svago, trekking e un po’ di tempo insieme per prendere fiato dagli impegni universitari e lavorativi di ognuno. Giorno dopo giorno siamo stati colpiti da alcune situazioni o modi di fare (o pensare) che proveremo a riassumere per punti.
- La Natura come monumento. Sembra banale, ma non lo è se pensiamo alla nostra cara Valmarecchia. Quando centinaia di turisti sono pronti a sfidare il termometro sotto lo zero per vedere le Tre Cime anche solo per dieci minuti di cielo limpido, ci si interroga su quanto la cultura della natura come monumento in sé e per sé sia radicata. E’ vero, le Tre Cime sono grandiose, spettacolari, uniche… ma non dimentichiamoci, ad esempio, dei lineamenti più dolci di Saiano o San Leo, che troppo spesso consideriamo unicamente per le loro ricchezze storico-artistiche. Queste ultime costituiscono infatti un valore inestimabile, da aggiungere però all’intrinseco valore naturalistico.
- La cura del territorio. Detto e ridetto anche questo. Eppure, quando la segnaletica è curata e omogenea, un abitante della Valmarecchia non può che pensare a tutte le volte passate a vagare nei boschi dell’Appennino in cerca di un segno bianco e rosso. Basterebbe poco, anzi pochissimo, per evitare la figuraccia dei sentieri mal segnati. Non è solo una questione di prendere la strada sbagliata (dici niente!) ma di cura e attenzione verso un territorio.
- Un po’ di sana furbizia. Proprio così. A volte non sono necessarie grandi cose. Ben vengano i rifugi attrezzati sempre pronti a sfornare canederli caldi anche a 2500m di quota. A volte però è sufficiente un taccuino di bell’aspetto dove apporre un semplice timbro per ricordare al turista i bei posti visitati. In questo modo prende forma l’idea di una realtà territoriale che, composta da tante piccole parti, rema nella stessa direzione. Le Dolomiti, sparse per più regioni e ancora più province, hanno saputo fare squadra. Perché in Valmarecchia no? Sicuramente non manca l’offerta. Un trekking che unisce le fortezze sparse su tutto il territorio? Magari con un timbro per ogni castello conquistato? Semplici proposte che vogliono solo stimolare e costruire.
Il pippone è finito ma la riflessione è appena iniziata.
